EXODUS - Blood In Blood Out

Nuclear Blast
La coerenza è un punto di forza degli Exodus, una una band che è rimasta intatta alle intemperie del tempo e che con costanza e puntualità sforna album sempre di grandissima qualità, ma soprattutto mai inclini ad una potenziale delusione. Questo conferma come la band statunitense sia lontana dal voler rischiare e quindi propensa dall'esplorare nuovi territori. Non c'è voglia di osare da un punto di vista musicale, ma questo non è certo un limiti. Gli Exodus col passare del tempo sono sempre più consapevoli della propria forza e del grande potenziale musicale che complessivamente sono capaci di esprimere. Se quindi sul piano dei contenuti Blood In Blood Out non è differente dal precedente Exhibit B: The Human Condition, sull'approccio ed i tecnicismi si nota un certo miglioramenti di determinati aspetti. Considerazione palpabile già nell'opener Black 13, cruda e diretta, ma è nella title-track che viene fuori tutto l'estro compositivo di una band sempre in forma sia da un punto di vista compositivo che esecutivo. Collaterale Damace esalta la sezione ritmica, il battito di pelli di Tom Hunting è a dir poco determinante nella buona riuscita complessiva del disco, Salt The Wound è un brano dai contenuti tradizionali, che se fosse uscito negli anni ottanta avrebbe fatto di certo la fortuna degli Exodus, mentre Body Harvest è una dichiarazione di guerra esaltata da un lavoro di chitarre sbalorditivo. La cattiveria dietro al microfono di Steve Souza viene fuori in Btk, un brano completo in ogni aspetto. La produzione è molto buona, il suono risulta moderno e questo aspetto incide notevolmente nella buona riuscita del disco, che snocciola brani ben riusciti, come Numb oppure Honor Killing. Un album complessivamente ben riuscito, destinato ad esaltare ogni fan di una band storica come sono appunto gli Exodus. 

Maurizio Mazzarella